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Cecco Angiolieri, Rime, 1, 10, 86, 34

1*

Accorri accorri accorri, uoma la strada!

- Che ha'fi' de la putta? - I' son rubato.

- Chi t'ha rubato? - Una che par che rada

come rasoio m'ha netto lasciato.

 

Or come non le davi de la spada?

- I' dare' anz' a me. - Or se' 'mpazzato?

- Non so che 'l , così mi par che vada.

- Or t'avess'ella cieco, sciagurato!

 

-* E vedi che ne pare a que' che 'l sanno?

* Di' quel che tu mi rubi! - Or va con Dio,

ma anda pian, ch'i' vo' pianger lo danno,

 

ché ti diparti. - Con animo rio!

- Tu abbi 'l danno con tutto 'l malanno!

- Or chi m'ha morto? - E che diavol sacc'io?

 
10

La mia malinconia è tanta e tale,

ch'i' non discredo che, s'egli 'l sapesse

un che mi fosse nemico mortale,

che di me di pietade non piangesse.

 

Quella, per cu' m'avvenpoco ne cale;

che mi potrebbe, sed ella volesse,

guarir 'n un punto di tutto 'l mie male,

sed ella pur: - I' t'odio - mi dicesse.

 

Ma quest'è la risposta c'ho da lei:

ched ella non mi vol né mal né bene,

e ched i' vad'a far li fatti mei;

 

ch'ella non cura s'i' ho gioi' o pene

men ch'una paglia che le va tra' piei.

Mal grado n'abbi Amor, ch'a le' mi diène!

 

86

* S'i' fosse focoarderéi 'l mondo;

s'i' fosse vento, lo tempesterei;

s'i' fosse acqua, i' l'annegherei;

s'i' fosse Dio, mandereil' en profondo;

 

s'i' fosse papa, sare' allor giocondo,

ché tutti cristïani imbrigherei;

s'i' fosse 'mperatorsa' che farei?

* A tutti mozzarei lo capo a tondo.

 

* S'i fosse morte, andarei da mio padre;

s'i' fosse vita, fuggirei da lui:

similemente farìa da mi' madre.

 

S'i' fosse Cecco, com'i' sono e fui,

torrei le donne giovani e leggiadre:

e vecchie e laide lasserei altrui.


34

I' ho tutte le cose ch'io non voglio,

non ho punto di quel che mi piace

poi ch'io non trovo con Becchina pace;

* là 'nd' io ne porto tutto 'l mio cordoglio

 

che non caprebbe, scritto, su 'n un foglio,

che gli fuss'entro la Bibbia capace:

ch'io ardo come foco in la fornace,

membrando quel che da lei aver soglio;

 

* ché le stelle del cielo non son tante,

ancora ch'io torrei esser digiuno,

quanti baci li die' in un istante

 

in me' la bocca, ed altro uom nessuno:

fu di giugno vinti  a l'intrante,

anni mille dugento novantuno.

 

1 *
Lo schema delle rime del sonetto è: ABAB ABAB CDC DCD, in rima alternata. Questo è un sonetto dialogato, una composizione attestata quasi esclusivamente nei poeti comico-realistici, giocata su un vivace botta e risposta con alta frequenza di interrogative ed esclamative. Qui abbiamo addirittura tre personaggi. Nelle prime due quartine Cecco chiede aiuto perché gli è stato rubato il cuore, Cecco si lamenta del suo amore non corrisposto per Becchina, un passante gli risponde e lo interroga. Nelle due terzine conclusive Cecco dialoga con Becchina che replica sarcastica e fredda. Nelle due edizioni consulatate in due punti due battute vengono attribuite a interlocutori diversi; qui si segue l’edizione del Lanza.

2 Accorri
Incipit impetuoso con l’iterazione dell’imperativo, epanalessi. Per il computo dell’endecasillabo si tenga conto della sinalefe accorri accorri…accorri uom.

3 uom
Uomo, la prima delle numerose apocope di questo sonetto.

4 a la
Alla, preposizioni articolate.

5 ha'
Hai, apocope.

6 fi' 
Figlio, apocope sillabica.

7 putta
Figlio di puttana, apostrofe volgare.

8 I'
Io, apocope.

9 rubato
Sono stato derubato. Nell’italiano moderno il verbo rubare non può avere come oggetto una persona né, in questo caso, essere messo nella forma passiva, come qui.

10 rubato
Anadiplosi.

11 rada
Una che par che rada (da: radere) come rasoio, allitterazione e enjambement. Rada e rasoio sono uniti anche da un legame etimologico.

12 rasoio
Similitudine. Sono stato derubato da una che pare che rada come un rasoio da tanto pulito mi ha lasciato. Si notino le varie figure di iterazione fonetica in questa quartina, allitterazione.

13
, tanto.

14 netto
Mi ha lasciato pulito, cioè privo di tutto.

15 Or come
Come mai.

16 non le davi de la spada
Dare di spada = colpire con la spada.

17 dare'
Darei, io darei piuttosto a me = colpirei piuttosto me stesso.

18 anz'
Anzi, piuttosto.

19 se' 
Sei, apocope.

20 'mpazzato
Sei impazzito? Aferesi.

21 'l
lo, pronomi personali.

22
Non so perché dici così, chi ti fatto venire quest’idea.

23 cieco
Accecato, se lei ti avesse accecato! Neanche t’avesse accecato! Cieco è qui un participio.

24 *
Entra in scena la donna, Becchina, che subito apostrofa Cecco in tono canzonatorio. Ecco, vedi che ne pensano quelli che sanno, sono al corrente del tuo innamoramento: ti considerano un pazzo.

25 *
Cecco per giustificare la propria follia, invita Becchina a dire quello che lei gli ruba (cioè il cuore). Al che Becchina replica scacciando Cecco (“Va’ con Dio”) e deridendolo (“Vai piano chè voglio piangere per il danno”, piangere per essere stata da te lasciata sola.), ironia.

26 anda
Forma dell’imperativo di “andare” che coesiste con la forma regolare, va', dello stesso verso.

27 vo'
Che io voglio, volere.

28 pianger
Pian/pianger, allitterazione.

29 lo
Il, articolo.

30 rio
Rio. Le due edizioni consultate scandiscono diversamente le battute. Ecco le due versioni: !) “Or va con Dio, ma anda pian, ch'i' vo' pianger lo danno, ché ti diparti.” “Con animo rio!” cioè Cecco se ne va di malanimo. 2) “Or va con Dio, ma anda pian, ch'i' vo' pianger lo danno”. “Ché ti diparti con animo rio?” Qui Cecco chiede a Becchina perché se ne va arrabbiata.

31 malanno
Danno/malanno, rima interna.

32 morto
Chi mi ha ucciso? Il verbo morire, nell’italiano antico poteva essere usato transitivamente, coniugato quindi con l’ausiliare avere.

33 sacc'io
Il sonetto si chiude con un’esclamazione sgarbata e popolaresca da parte della donna: “Che diavolo ne so io?” Saccio = so, sicilianismi.

34 malinconia 
Il tema della malinconia ricorre nei sonetti di Cecco Angiolieri. Tipico delle Rime è l’inizio con costrutto consecutivo, basato su affermazioni spesso esagerate e paradossali.

35 discredo
Dis- è un prefisso che indica separazione o opposozione quindi: che io non posso non credere, cioè: che io credo, litote.

36 egli
Se lo sapesse. Egli come soggetto neutro, qui pleonastico, è un toscanismo, pronomi personali.

37 un che
Una persona che.

38 che
La ripetizione della congiunzione è un tratto caratteristico del fiorentino.

39 pietade
Allotropo di petà; si trova anche la forma pietate.

40 piangesse
Piangerebbe. Ordine alterato delle parole, anastrofe.

41 cu'
Per cui.

42 m'avven
Mi avviene, succede. Quella, a causa della quale mi trovo in questo stato, non si preoccupa.

43 poco ne cale
A lei non importa; cale è latinismo assai frequente nell’italiano letterario, sinonimo del cura al v.12.

44 sed
Se, con - d - eufonica.

45 'n un punto
In un istante, locuzione temporale.

46 'l mie
Il mio male, possessivi.

47 c'ho
Che ho, elisione.

48 ched
Che con insolita d eufonica. L’iterazione della congiunzione riproduce il parlato; anafora.

49 vol
Vuole, monottongazione. Becchina non mi vuole né male né bene e questa indifferenza addolora Cecco più che se lei l’odiasse.

50 li
I, articolo.

51 mei
Miei, il monottongo è un latinismo o per discendenza poetica siciliana. “Farsi i fatti propri”: espressione della lingua parlata, assai comune ancora oggi.

52 non cura
lei non si preoccupa, . Per lei il fatto che io soffra o gioisca è meno importante di un filo di paglia che le vada in mezzo ai piedi.

53 gioi'
Gioie.

54 piei
Piedi, piei era forma usata a Siena.

55 Mal grado
Che Amore abbia a provar dispiacere (di questo stato di cose), Amore che mi diede a lei. Il sonetto si chiude con un’invettiva finale contro l’Amore.

56 Amor
Personificazione.

57 diène
Dié, diede, epitesi.

58 *
* Questo è il sonetto più famoso di Cecco. Lo schema metrico è ABBA ABBA (rima incrociata) CDC DCD (rima alternata). Il ritmo martellante e incalzante è sottolineato dall’anafora del periodo ipotetico che scandisce l’inizio di quasi tutti i versi. L’odio e il furore del poeta si riversano contro il mondo intero. Non va dimenticato però che anche questo tipo di sonetti rientrava nel genere della poesia burlesca. Iperbole. Nella prima quartina ci sono tre elementi naturali (fuoco, aria, terra) + Dio, nella seconda le due autorità massime del Medioevo, il papa e l’imperatore, nella prima terzina invoca la morte dei suoi genitori, la seconda terzina chiude il sonetto con un paradosso, S'i' fosse Cecco, com'i' sono e fui, e con il tono scanzonato della conquista amorosa.

59 S'i'
Se io, elisione, apocope, pronomi personali.

60 fosse
Fossi, imperfetto congiuntivo.

61 foco
Fuoco, monottongazione.

62 arderéi
Brucerei, il condizionale in -ei /-ebbe è un tratto del toscano, condizionale presente.

63 'l
Il, articolo.

64 fosse acqua, i'
Si notino nel verso le dialefi.

65 mandereil'en
Lo manderei (enclisi pronominale) nel profondo, lo farei sprofondare; oggetto è ancora il mondo.

66 cristïani
Dieresi.

67 imbrigherei
Imbroglierei o metterei nei guai.

68 'mperator
Imperatore, aferesi e apocope.

69 sa'
Sai.

70 *
* Taglierei la testa a tutti (i miei sudditi).

71 lo
Il, articolo.

72 *
* Distico basato sull’antitesi.

73 andarei
Andrei, senza sincope.

74 similemente 
Similmente, lo stesso. Nell’italiano trecentesco gli aggettivi in –le parossitoni, cioè con l’accento sulla terzultima sillaba, mantenevano la vocale e.

75 farìa
Farei, si noti che questa è l’unico, tra i tanti di questo sonetto, in –ia.

76 torrei
Prenderei. “Torre” è un infinito sincopato.

77 giovani e leggiadre
Dittologia.

78 laide
Brutte, ripugnanti, gallicismi/provenzalismi.

79 lasserei 
Lascerei. Gli ultimi due versi formano un chiasmo.

80 altrui
Agli altri.

81 non ho punto
Non ho affatto, per niente. Punto, preceduto dalla negazione non + verbo, è avverbio ancora in uso in Toscana.

82 poi ch'io
Poiché io, nesso causale.

83 *
Ecco perché soffro e se scrivessi tutto il mio dolore occuperebbe più posto di tutta la Bibbia.

84 'nd' 
Onde, onde/donde.

85 caprebbe
Non entrerebbe, scritto, in un foglio capace al punto che che gli starebbe dentro la Bibbia, iperbole. Capere è latinismo, sopravvissuto oggi nei dialetti meridionali e, per esempio, nell’aggettivo “capace”, v. verso successivo, poliptoto.

86 fornace
Allitterazione e similitudine.

87 membrando
Rimembrando, ricordando, allotropi.

88 soglio
Sono solito. Ricordando tutto quello che usavo avere da lei.

89 *
* Altra similitudine espressa nella frase comparativa: che le stelle del cielo non sono tante quanti sono i baci che le diedi in mezzo alla bocca in un solo istante, come nessun altro uomo mai, anche se preferirei non aver mai gustato quei baci.

90 ancora ch'io torrei
Anche se io prenderei, preferirei.

91 istante
Tante/istante producono una rima ricca.

92 in me'
In mezzo, apocope sillabica e enjambement.

93 fu
Ciò avvenne. Cecco chiude il sonetto precisando la data esatta di questo scambio di baci con Becchina. Si tratta forse di una ripresa parodica di un topos dello stilnovo, quello cioè di attribuire grande valore alla data esatta del primo incontro con la donna amata. Nel caso di Cecco non è la data del primo incontro che viene immortalata, ma il giorno in cui consumò ardentemente la passione amorosa.

94
Giorni.

95 a l'intrante
Il venti del mese entrante, cioè giugno. Formula attestata in documenti senesi.

96 dugento
Milleduecentonovantuno, numerali.