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Angelo Poliziano, Stanze per la giostra di Giuliano de’ Medici, I, 33-54

33

* Ah quanto a mirar Iulio è fera cosa

romper la via dove più 'l bosco è folto

per trar di macchia la bestia crucciosa,

con verde ramo intorno al capo avolto,

colla chioma arruffata e polverosa,

e d onesto sudor bagnato il volto!

* Ivi consiglio a sua fera vendetta

prese Amor, che ben loco e tempo aspetta;

34

e con sua man di leve aier compuose

* l'imagin d'una cervia altera e bella:

con alta fronte, con corna ramose,

candida tutta, leggiadretta e snella.

* E come tra le fere paventose

al gioven cacciator s'offerse quella,

lieto spronò il destrier per lei seguire,

pensando in brieve darli agro martire.

35

Ma poi che 'nvan dal braccio el dardo scosse,

del foder trasse fuor la fida spada,

e con tanto furor il corsier mosse,

che 'l bosco folto sembrava ampia strada.

La bella fera, come stanca fosse,

più lenta tuttavia par che sen vada;

ma quando par che già la stringa o tocchi,

picciol campo riprende avanti alli occhi.

36

Quanto più segue invan la vana effigie,

tanto più di seguirla invan s'accende;

* tuttavia preme sue stanche vestigie,

sempre la giunge, e pur mai non la prende:

* qual fino al labro sta nelle onde stigie

Tantalo, e 'l bel giardin vicin gli pende,

ma qualor l'acqua o il pome vuol gustare,

subito l'acqua e 'l pome via dispare.

37

Era già drieto alla sua desianza

gran tratta da' compagni allontanato,

né pur d'un passo ancor la preda avanza,

e già tutto el destrier sente affannato;

ma pur seguendo sua vana speranza,

pervenne in un fiorito e verde prato:

ivi sotto un vel candido li apparve

lieta una ninfa, e via la fera sparve.

38

La fera sparve via dalle suo ciglia,

ma 'l gioven della fera ormai non cura;

anzi ristringe al corridor la briglia,

e lo raffrena sovra alla verdura.

Ivi tutto ripien di maraviglia

pur della ninfa mira la figura:

parli che dal bel viso e da' begli occhi

una nuova dolcezza al cor gli fiocchi.

39

* Qual tigre, a cui dalla pietrosa tana

ha tolto il cacciator li suoi car figli;

rabbiosa il segue per la selva ircana,

che tosto crede insanguinar gli artigli;

poi resta d'uno specchio all'ombra vana,

all'ombra ch' e suoi nati par somigli;

e mentre di tal vista s'innamora

la sciocca, el predator la via divora.

40

* Tosto Cupido entro a' begli occhi ascoso,

al nervo adatta del suo stral la cocca,

poi tira quel col braccio poderoso,

tal che raggiugne e l'una e l'altra cocca;

la man sinistra con l'oro focoso,

la destra poppa colla corda tocca:

pria per l'aer ronzando esce 'l quadrello,

che Iulio drento al cor sentito ha quello.

41

Ahi qual divenne! ah come al giovinetto

corse il gran foco in tutte le midolle!

che tremito gli scosse il cor nel petto!

d'un ghiacciato sudor tutto era molle;

e fatto ghiotto del suo dolce aspetto,

giammai li occhi da li occhi levar puolle;

ma tutto preso dal vago splendore,

non s'accorge el meschin che quivi è Amore.

42

Non s'accorge ch'Amor lì drento è armato

per sol turbar la suo lunga quiete;

non s'accorge a che nodo è già legato,

non conosce suo piaghe ancor segrete;

di piacer, di disir tutto è invescato,

e così il cacciator preso è alla rete.

Le braccia fra sé loda e 'l viso e 'l crino,

e 'n lei discerne un non so che divino.

43

* Candida è ella, e candida la vesta,

ma pur di rose e fior dipinta e d'erba;

lo inanellato crin dall'aurea testa

scende in la fronte umilmente superba.

Rideli a torno tutta la foresta,

e quanto può suo cure disacerba;

nell'atto regalmente è mansueta,

e pur col ciglio le tempeste acqueta.

44

Folgoron gli occhi d'un dolce sereno,

ove sue face tien Cupido ascose;

l'aier d'intorno si fa tutto ameno

ovunque gira le luce amorose.

Di celeste letizia il volto ha pieno,

dolce dipinto di ligustri e rose;

ogni aura tace al suo parlar divino,

e canta ogni augelletto in suo latino.

45

Con lei sen va Onestate umile e piana

* che d'ogni chiuso cor volge la chiave;

con lei va Gentilezza in vista umana,

e da lei impara il dolce andar soave.

* Non può mirarli il viso alma villana,

se pria di suo fallir doglia non have;

tanti cori Amor piglia fere o ancide,

quanto ella o dolce parla o dolce ride.

46

Sembra Talia se in man prende la cetra,

sembra Minerva se in man prende l'asta;

se l'arco ha in mano, al fianco la faretra,

giurar potrai che sia Diana casta.

Ira dal volto suo trista s'arretra,

e poco, avanti a lei, Superbia basta;

ogni dolce virtù l'è in compagnia,

Biltà la mostra a dito e Leggiadria.

47

Ell'era assisa sovra la verdura,

allegra, e ghirlandetta avea contesta

di quanti fior creassi mai natura,

de' quai tutta dipinta era sua vesta.

E come prima al gioven puose cura,

alquanto paurosa alzò la testa;

poi colla bianca man ripreso il lembo,

levossi in piè con di fior pieno un grembo.

48

Già s'inviava, per quindi partire,

la ninfa sovra l'erba, lenta lenta,

lasciando il giovinetto in gran martire,

che fuor di lei null'altro omai talenta.

Ma non possendo el miser ciò soffrire,

con qualche priego d'arrestarla tenta;

per che, tutto tremando e tutto ardendo,

così umilmente incominciò dicendo:

49

"O qual che tu ti sia, vergin sovrana,

o ninfa o dea, ma dea m'assembri certo;

se dea, forse se' tu la mia Diana;

se pur mortal, chi tu sia fammi certo,

ché tua sembianza è fuor di guisa umana;

né so già io qual sia tanto mio merto,

qual dal cel grazia, qual sì amica stella,

ch'io degno sia veder cosa sì bella".

50

Volta la ninfa al suon delle parole,

lampeggiò d'un sì dolce e vago riso,

* che i monti avre' fatto ir, restare il sole:

ché ben parve s'aprissi un paradiso.

* Poi formò voce fra perle e viole,

tal ch'un marmo per mezzo avre' diviso;

soave, saggia e di dolceza piena,

da innamorar non ch'altri una Sirena:

51

* "Io non son qual tua mente invano auguria,

non d'altar degna, non di pura vittima;

ma là sovra Arno innella vostra Etruria

sto soggiogata alla teda legittima;

mia natal patria è nella aspra Liguria,

sovra una costa alla riva marittima,

* ove fuor de' gran massi indarno gemere

si sente il fer Nettunno e irato fremere.

52

Sovente in questo loco mi diporto,

qui vegno a soggiornar tutta soletta;

questo è de' mia pensieri un dolce porto,

qui l'erba e' fior, qui il fresco aier m'alletta;

quinci il tornare a mia magione è accorto,

qui lieta mi dimoro Simonetta,

all'ombre, a qualche chiara e fresca linfa,

e spesso in compagnia d'alcuna ninfa.

53

Io soglio pur nelli ociosi tempi,

quando nostra fatica s'interrompe,

venire a' sacri altar ne' vostri tempî

fra l'altre donne con l'usate pompe;

* ma perch'io in tutto el gran desir t'adempi

e 'l dubio tolga che tuo mente rompe,

meraviglia di mie bellezze tenere

non prender già, ch'io nacqui in grembo a Venere.

54

* Or poi che 'l sol sue rote in basso cala,

e da questi arbor cade maggior l'ombra,

già cede al grillo la stanca cicala,

già 'l rozo zappator del campo sgombra,

e già dell'alte ville il fumo essala,

la villanella all'uom suo el desco ingombra;

omai riprenderò mia via più accorta,

e tu lieto ritorna alla tua scorta". 

1 *
* Il giovane Iulio, all’inizio del poema, schernisce e disprezza gli innamorati perché considera l’amore una follia. Cupido/Amore si sente provocato e decide di vendicarsi facendo sí che Iulio si innamori. La situazione di partenza è una battuta di caccia. Parafrasi: Che cosa terribile è mirare Iulio che rompe la via (si fa strada) là dove il bosco è più folto per tirar fuori dalla macchia (per stanare dalla foresta) la bestia inferocita. Questi versi rievocano i versi danteschi in apertura della Commedia: Ahi quanto a dir qual era è cosa dura / esta selva selvaggia e aspra e forte (Inferno, I 4-5). Come Dante all’inizio dell’Inferno, anche Iulio si trova in una selva che simboleggia l’errore, la perdita d’orientamento spirituale.

2 quanto a
Sinalefe.

3 mirar
Apocope del verbo mirare = guardare con attenzione, usatissimo in tutta la tradizione letteraria.

4 Iulio
Iulio è il nome latinizzato di Giuliano de’ Medici, giovinetto protagonista del poema.

5 fera
Fiera. La parola ritorna più volte in queste strofe, sia come qui in funzione di aggettivo (=fiero, aspro, violento, feroce), sia come sostantivo (=bestia). Fera/fiera: alternanza ie/e.

6 'l
Aferesiarticolo.

7 trar
Trarre, apocope sillabica.

8 avolto
Avvolto, doppie e scempie.

9 onesto sudor
Sudore onesto perché conseguente all’onesta attività della caccia; metonimia.

10 volto
Con il volto bagnato di onesto sudore, anastrofe.

11 *
* Parafrasi: Lì Amor, che sa ben aspettare il luogo e il tempo opportuni, prese consiglio (decise di compiere) alla sua feroce vendetta.

12 Ivi
Lí, ivi/quivi.

13 Amor
Personificazione.

14 loco
Luogo, loco.

15 sua
Frequente il possessivo senza articolo, possessivi.

16 leve
Lieve, alternanza ie/e.

17 aier
Aria, aere.

18 compuose
Compose.

19 *
* L’immagine della cerva che Cupido fa apparire davanti agli occhi di Iulio è un’allegoria. La cerva, nota come simbolo cristologico incarna qui la bellezza sensibile (è infatti l’esca usata da Cupido per condurre Iulio da Simonetta), ma preannuncia anche la bellezza divina. L’idea dell’amore di Poliziano è influenzata dal platonismo di Marsilio Ficino che ispirò gli artisti e intellettuali della cerchia dei Medici.

20 imagin
Immagine, doppie e scempie.

21 altera e bella
Dittologia.

22 leggiadretta
Diminutivo di leggiadra = piena di eleganza e grazia. È uno degli attributi più ricorrenti nella tradizione letteraria; gallicismi/provenzalismi.

23 snella
Agile, veloce.

24 *
* Parafrasi: e appena al giovane cacciatore, Iulio, tra le fiere spaventate si offrì quella (la cerva) egli, lieto, incitò il cavallo a seguirla, pensando di ucciderla in breve tempo.

25 come
Appena, avverbi di tempo.

26 paventose
Spaventate.

27 destrier
Destriero, come corsiero nella stanza seguente è sinonimo poetico di cavallo. Si noti anche l’effetto fonico di allitterazione in questi ultimi tre versi dell’ottava.

28 lei
Per seguirla o per seguire lei. Per l’anteposizione del pronome tonico vedi pronomi personali.

29 darli
Darle. Li è forma del pronome dativo nel toscano antico.

30 agro
Aspro, crudele, latinismi.

31 martire
Martirio.

32 'nvan
Invano, aferesiapocope.

33 dardo
Freccia; dopo aver tentato invano di colpire la cerva con una freccia. Dardo.

34 fida
Foder...fuor...fida...spada, consonanza.

35 come
Come se fosse stanca.

36 sen
Se ne, apocope.

37 picciol campo riprende
Riprende terreno sul suo inseguitore.

38 alli
Agli, preposizioni articolate.

39 vana effigie
La vuota figura; la cerva non è vera, ma solo un’illusione, un miraggio prodotto da Amore. Vano, nel senso qui di vuoto, altrove anche di inutile, insensato, è aggettivo altamente poetico molto usato già in Petrarca.

40 s'accende
S’infiamma per desiderio di seguirla. Si noti come la ripetizione di parole e espressioni non solo non è evitata da Poliziano, bensí ricercata, come per esempio in questi due versi. Anadiplosi.

41 *
* Parafrasi: tuttavia continua a seguire le impronte della cerva stanca. Stanche vestigie, enallage e ipallage.

42 giunge
Raggiunge.

43 pur mai non la prende
Antitesi.

44 *
* Parafrasi: come Tantalo sta nelle onde del fiume Stige, immerso fino alla bocca, mentre vicino, pendono frutti dagli alberi, ma non riesce a soddisfare la propria sete né la propria fame. Il supplizio di Tantalo assomiglia a quello di Iulio che ha l’oggetto del suo desiderio, la cerva, cosí vicina eppure non riesce a raggiungerla. Similitudine mitologica.

45 labro
Alle labbra, doppie e scempieplurale/singolare.

46 drieto
Dietro. Drieto, anche nella forma dreto, è un toscanismo. Dietro/drieto, metatesi.

47 desianza
Desiderio, sicilianismidesio qui per metonimia l’oggetto del suo desiderio.

48 tratta
Tratto, si era molto allontanato dai compagni di caccia.

49 avanza
Il soggetto è Iulio e avanzare è usato transitivamente: Iulio non avanza la preda (oggetto) neanche di un passo, cioè non è riuscito ad accorciare le distanze.

50 prato
Il fiorito e verde prato si contrappone allegoricamente al folto bosco delle strofe precedenti

51 ivi
Lì, ivi/quivi.

52 li
Gli.

53 apparve
Enjambement.

54 fera
La fiera, alternanza ie/e.

55 sparve
L’animale sparì e al suo posto apparve una ninfa, struttura a chiasmo le cui estremità (apparve/sparve) costituiscono una rima derivativa e antitetica.

56 La fera sparve
Coblas capfinidas.

57 suo
Sue.

58 ciglia
Metonimia per occhi.

59 cura
Non si cura, pronomi riflessivi.

60 corridor
Altro nome, oltre ai precedenti destriero e corsiere, per indicare un cavallo da corsa.

61 briglia
Restringe le briglie al corridore, anastrofe.

62 sovra
Sopra, sovra.

63 verdura
La vegetazione, si trova anche verzura.

64 pur
Soltanto, non fa che ammirare la ninfa.

65 parli
Gli pare, enclisi pronominale.

66 da'
Dai, preposizioni articolate.

67 cor
Cuore, monottongazione.

68 fiocchi
Scenda, cada.

69 *
* Parafrasi: come la tigre alla quale il cacciatore abbia rapito i figli, lo insegue rabbiosa per la foresta persiana pensando di poter ben presto affondare in lui i suoi artigli, ma ad un tratto si arresta davanti al riflesso di uno specchio, somigliante ai suoi nati e mentre la sciocca si incanta affascinata dal riflesso il cacciatore predatore si allontana veloce (la via divora). Questo strano paragone non è stato inventato da Poliziano, egli lo ha ripreso dallo scrittore latino Claudiano. Lo sbigottimento di Iulio alla vista di Simonetta è paragonato a quello di una tigre: similitudine.

70 li
I, articolo.

71 car
Cari, insolita apocope di un aggettivo plurale.

72 il
lo, l’oggetto è il cacciatore. Pronomi personali.

73 ircana
L’Ircania era regione della Persia, ircana: antonomasia in poesia per foresta folta e ostile.

74 tosto
Tosto.

75 resta
Si arresta davanti all’ombra vana di uno specchio, anastrofe.

76 all'ombra
Ripresa del termine del verso precedente, anadiplosi.

77 e
I. Pare assomigli ai suoi nati.

78 s'innamora
Enjambement.

79 la via divora
Metafora.

80 *
* Parafrasi: Subito Cupido, nascosto negli occhi della donna, adatta la base della freccia (la cocca del suo stral) alla corda (il nervo) dell’arco, poi tende con il braccio destro (il braccio poderoso) l’arco, così l’arco si tende al massimo (l’una e l’altra cocca); la mano sinistra vicina alla punta d’oro della freccia, con la destra tocca con la corda il petto (poppa). Quello dello sguardo della donna da cui scocca la freccia di Cupido è un topos della lirica amorosa.

81 ascoso
Nascosto, poeticismo, allotropi.

82 stral
Lo strale è sinonimo per freccia, come il già incontrato dardo e quadrello nel penultimo verso di questa strofa.

83 raggiugne
Raggiunge, gn/ng.

84 cocca
L’arco, teso al massimo, comprende le due estremità della freccia.

85 l'oro
Con la punta d’oro della freccia, metonimia.

86 colla corda tocca
Allitterazione.

87 pria
Pria.

88 quadrello
Freccia, un ulteriore sinonimo.

89 drento
Dentro, metatesi.

90 foco
Fuoco, monottongazione.

91 midolle
Le midolla, espressione figurata per dire che il fuoco lo percorse in tutto il corpo, metafora.

92 fatto ghiotto
Reso avido, allitterazione.

93 giammai
Mai, avverbi di tempo.

94 puolle
Le può. Non può distogliere i suoi occhi da quelli di lei. Il pronome le è ridondante. Enclisi pronominale.

95 vago
Vago.

96 meschin
Il poveretto. Meschino, parola di origine araba, è usato per commiserare qualcuno; vedi anche lasso.

97 quivi
Ivi/quivi.

98 suo
Sua. Questo possessivo indeclinabile è caratteristico del fiorentino quattrocentesco. Vedi anche più oltre suo piaghe e suo cure. Possessivi.

99 non s'accorge
Ripresa dell’ultimo verso della stanza 41 e del primo della 42, anafora.

100 disir
Desiderio, desio.

101 invescato
Preso in trappola, verbo derivato dal campo della caccia. La caccia reale all’inizio e la metafora della caccia poi reggono queste stanze. Il cacciatore Iulio è a sua volta cacciato da Amore.

102 crino
Il crine (crin qualche verso dopo) = i capelli, poetismo tra i più ricorrenti.

103 *
* Queste strofe sono occupate dalla descrizione di Simonetta, con i vari attributi del canone della bellezza femminile come si andò cristallizzando da Petrarca in poi. Seguono le personoficazioni di virtù e figure mitologiche che accompagnano allegoricamente Simonetta.

104 in la
Forma analitica di preposizioni articolate.

105 umilmente superba
Ossimoro inversamente speculare all’altro tre versi dopo: regalmente mansueta.

106 Rideli
Le ride, enclisi pronominale.

107 disacerba
Rende meno acerbe, mitiga. C’è una certa ambiguità sintattica: soggetto potrebbero essere Simonetta o, più plausibilmente, la foresta che addolcisce le cure, le preoccupazioni di Simonetta. Il possessivo suo cure potrebbe essere riferito alla foresta: la foresta mitiga le proprie asprezze.

108 ciglio
Metonimia per sguardo.

109 Folgoron
Folgorano, gli occhi brillano. Presente indicativo.

110 face
Fiaccole, fiamme che Cupido tiene nascoste, latinismi.

111 luce
Le luci, metafora per occhi, assai frequente in poesia.

112 dolce
Dolcemente, enallage e ipallage.

113 ligustri e rose
Il volto ha i colori dei ligustri (arbusto dai fiori bianchi) e delle rose.

114 aura
Aura.

115 augelletto
Uccello, allotropi.

116 latino
Nella sua lingua, ogni uccello fa il suo cinguettio.

117 Onestate
Allotropo dotto, latineggiante, di onestà, qui il senso però è piuttosto di modestia, personificazione.

118 umile e piana
Modesta, semplice, dittologia sinonimica ripresa dalla tradizione stilnovistica e petrarchesca.

119 *
* Che apre ogni cuore umano, metafora.

120 in vista umana
Di aspetto umano.

121 *
* Parafrasi: nessuna anima villana (nessuno che non sia di animo nobile) può guardarla in viso se prima non abbia provato dolore per i suoi errori.

122 mirarli
Mirarle.

123 alma
Alma.

124 have
Ha < habeat, avere.

125 fere
Ferisce.

126 ancide
Uccide.

127 l'arco ha in mano, al fianco la faretra
Chiasmo.

128 Diana
Il nome della dea della caccia Diana è, in questo endecasillabo, trisillabico.dieresi

129 basta
Non resiste.

130 Biltà
Beltà. Biltà è gallicismo attestato non oltre il ‘500.

131 assisa
Seduta.

132 avea
Imperfetto indicativo.

133 contesta
Intrecciata, latinismi.

134 creassi
Creasse, imperfetto congiuntivo. Con tutti i fiori che la natura abbia mai creato, iperbole.

135 quai
Quali, sincope.

136 puose
Pose. Appena volse la su attenzione al giovane.

137 levossi
Si levò in piedi, enclisi pronominale.

138 grembo
Con un angolo della veste pieno di fiori, anastrofe.

139 s'inviava
S’avviava.

140 quindi
Da lì, avverbi di luogo.

141 talenta
Desidera, il giovane non desidera nient’altro che la ninfa.

142 possendo
Potendo, potere.

143 priego
Preghiera, alternanza ie/e.

144 per che
Perciò.

145 ti
Pronomi riflessivi.

146 m'assembri
Sembri per me, secondo me assomigli.

147 fammi certo
Rendimi certo, fammi sapere chi sei; < certiorem facere. Latinismi.

148 ché
Ché.

149 sembianza
Aspetto, sembiante/sembianza.

150 guisa
Forma.

151 merto
Merito, sincope.

152 cel
Cielo.

153 dolce e vago
Dittologia.

154 *
* Il riso della ninfa avrebbe fatto i monti muovere e arrestare il sole: chiasmo e iperbole. Altre iperboli si seguono nei versi successivi.

155 avre'
Avrebbe, apocope.

156 ir
Andare: gire.

157 ben
Veramente.

158 s'aprissi
Si aprisse; imperfetto congiuntivo.

159 *
* Parafrasi: poi parlò, ed è come se si aprisse una fessura nel marmo (perle, marmo = denti, viole = labbra); la voce è così soave, saggia e piena di dolcezza che farebbe innamorare addirittura una sirena.

160 perle e viole
Metonimia per i denti e le labbra. Saranno poi tipici del petrarchismo gli accostamenti tra parti del viso e fiori o pietre preziose (labbra/corallo, denti/perle, fronte/marmo, capelli/oro, ecc.). Perle esinalefe viole: dieresi.

161 *
* Simonetta prende la parola e si presenta annunciando il suo luogo di nascita (Genova) ed il suo stato di donna maritata. Parafrasi: Io non so quali illusioni la tua mente invano coltivi, io non sono degna dell’altare, né mi vengono offerte vittime (cioè non sono una dea), bensì là sopra l’Arno, nella vostra Etruria (Toscana) sono soggetta al legittimo matrimonio.

162 auguria
Immagina.

163 innella
Nella, caso di prostesi basata sull’uso toscano.

164 teda
Fiaccola nuziale.

165 *
* Dove oltre i grandi massi (che proteggono la costa) si sente il fiero Nettuno gemere e irato fremere.

166 indarno
Invano, allotropi.

167 Nettunno
Il mare per antonomasia.

168 fremere
La rima sdrucciola, cioè con l’accento sulla terzultima sillaba (vittima / legittima / marittima e fremere / gemere) non è molto frequente.

169 diporto
Vengo per svagarmi. Il contrasto città / campagna, affanni vs. quiete contemplativa, è un topos, già negli antichi e poi in Petrarca, ripreso in età umanistica: locus amoenus.

170 vegno
Vengo: gn/ng.

171 porto
Metafora.

172 quinci
Da qui tornare alla mia dimora (cittadina) è di breve durata, rapido. Avverbi di luogo

173 magione
Dimora, casa, < mansǐo, -ǒnis. Latinismi.

174 chiara e fresca linfa
Fonte chiara e fresca: dittologia petrarchesca.

175 alcuna
Qualche, indefiniti.

176 soglio
Sono solita, da: solere.

177 ociosi
Oziosi, grafia.

178 tempî
Templi, chiese; rima equivoca con l’omonimo tempi di due versi prima. Come j l’accento circonflesso sulla î poteva indicare il plurale con vocale lunga per i sostantivi terminanti in –io.

179 pompe
Con il consueto lusso, decoro; normalmente al singolare (in gran pompa), plurale/singolare.

180 *
* Parafrasi: ma affinché io soddisfi in tutto il tuo grande desiderio [di sapere se sono una donna o una dea] e tolga il dubbio che rompe, affligge la tua mente, non meravigliarti per le mie tenere bellezze, perché io nacqui in gembo a Venere (vicino al mare).

181 dubio
Doppie/scempie.

182 meraviglia
Non prendere meraviglia di, non ti stupire, posposizione del verbo.

183 *
* Simonetta prende congedo da Iulio. Parafrasi: Ora che il sole sta tramontando, le ombre degli alberi si stanno allungando, la stanca cicala cede il posto al grillo, il rozzo zappatore lascia il campo e il fumo esala dalle case coloniche, la contadina apparecchia la tavola al suo uomo, io riprenderò la mia strada più breve e tu ritorna lieto alla tua scorta (ai tuoi compagni).

184 rote
Ruote, monottongazione. Le ruote del carro del Sole

185 arbor
Alberi, allotropi.

186 cede al grillo la stanca cicala
Perifrasi per indicare il calar della sera. V. l’analogo come la mosca cede alla zanzara nel testo 4, Dante, Inferno XXVI, v.28. Tutta la strofa è intessuta di rimandi alla tradizione volgare (appunto Dante, ma anche Pe-trarca) e latina (Virgilio).

187 rozo
Rozzo, doppie/scempie.

188 essala
Esala, doppie/scempie.

189 omai
Ormai, sincopeavverbi di tempo.