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Vittorio Alfieri, La Vita

Epoca III cap. II

1

* Si arrivò dunque a Napoli la seconda festa del Natale, con un tempo quasi di primavera. * L'entrata da Capo di China per gli Studi e Toledo, mi presentò quella città in aspetto della piú lieta e popolosa ch'io avessi veduta mai fin allora, e mi rimarrà sempre presente. Non fu poi lo stesso, quando mi toccò di albergare in una bettolaccia posta nel piú buio e sozzo chiassuolo della città: il che fu di necessità perché ogni pulito albergo ritrovavasi pieno zeppo di forestieri. Ma questa contrarietà mi amareggiò assai quel soggiorno, stante che in me la località lieta o no della casa, ha sempre avuto una irresistibile influenza sul mio puerilissimo cervello, sino alla piú inoltrata età.

2
In pochi giorni per mezzo del nostro ministro fui introdotto in parecchie case; e il carnovale, sí per gli spettacoli pubblici, che per le molte private feste e varietà d'oziosi divertimenti, mi riusciva brillante e piacevole piú ch'altro mai ch'io avessi veduto in Torino. Con tutto ciò in mezzo a quei nuovi e continui tumulti, libero interamente di me, con bastanti danari, d'età diciott'anni, ed una figura avvenente, io ritrovava per tutto la sazietà, la noia, il dolore. Il mio piú vivo piacere era la musica burletta del Teatro Nuovo; ma sempre pure quei suoni, ancorché dilettevoli, lasciavano nell'animo mio una lunghissima romba di malinconia; e mi si venivano destando a centinaia le idee le piú funeste e lugubri, nelle quali mi compiaceva non poco, e me le andava poi ruminando soletto alle sonanti spiagge di Chiaia e di Portici. Con parecchi giovani signori napoletani avea fatto conoscenza, amicizia con niuno: la mia natura ritrosa anzi che no mi inibiva di ricercare; e portandone la viva impronta sul viso, ella inibiva agli altri di ricercar me. Cosí delle donne, alle quali per natura era moltissimo inclinato, non mi piacendo se non le modeste, io non piaceva pure che alle sole sfacciate; il che mi facea rimaner sempre col cuor vuoto. Oltre ciò, l'ardentissima voglia ch'io sempre nutriva in me di viaggiare oltre i monti, mi facea sfuggire di allacciarmi in nessuna catena d'amore; e cosí in quel primo viaggio uscii salvo da ogni rete. Tutto il giorno io correva in quei divertentissimi calessetti a veder le cose piú lontane; e non per vederle, che di nulla avea curiosità e di nessuna intendeva, ma per fare la strada, che *dell'andare non mi saziava mai, ma immediatamente mi addolorava lo stare.
3

Introdotto a corte, benché quel re, Ferdinando IV, fosse allora in età di quindici, o sedici anni, gli trovai pure una total somiglianza di contegno con i tre altri sovrani ch'io avea veduti fin allora; ed erano il mio ottimo re Carlo Emanuele, vecchione; il duca di Modena, governatore in Milano; e il granduca di Toscana Leopoldo, giovanissimo anch'egli. Onde intesi benissimo fin da quel punto, *che i principi tutti non aveano fra loro che un solo viso, e che le corti tutte non erano che una sola anticamera. In codesto mio soggiorno di Napoli intavolai il mio secondo raggiro per mezzo del nostro ministro di Sardegna, per ottenere dalla corte di Torino la permissione di lasciare il mio aio, e di continuare il mio viaggio da me. Benché noi giovanotti vivessimo in perfetta armonia, e che l'aio non piú a me che ad essi cagionasse il minimo fastidio, tuttavia siccome per le gite da una all'altra città bisognava pure combinarci per muovere insieme, e siccome quel vecchio era sempre irresoluto, mutabile, e indugiatore, quella dipendenza mi urtava. Convenne dunque ch'io mi piegassi a pregare il ministro di scrivere in mio favore a Torino, e di testimoniare della mia buona condotta e della intera capacità mia di regolarmi da me stesso, e di viaggiar solo. La cosa mi riuscí con mia somma soddisfazione, e ne contrassi molta gratitudine col ministro, il quale avendomi preso anche a ben volere, fu il primo che mi mettesse in capo ch'io dovrei tirarmi innanzi a studiar la politica per entrare nell'aringo diplomatico. La cosa mi piacque assai; e mi parve allora,*che quella fosse di tutte le servitú la men serva; e ci rivolsi il pensiero, senza però studiar nulla mai. Limitando il mio desiderio in me stesso, non l'esternai con chicchessia, e mi contentai di tenere frattanto una condotta regolare e decente per tutto, superiore forse alla mia età. Ma in questo mi serviva la natura mia assai piú ancora che il volere; essendo io stato sempre grave di costumi e di modi (senza impostura però), ed ordinato, direi, nello stesso disordine; ed avendo quasi sempre errato sapendolo.

4

Io viveva frattanto in tutto e per tutto ignoto a me stesso; *non mi credendo vera capacità per nessuna cosa al mondo; non avendo nessunissimo impulso deciso, altro che alla continua malinconia, non ritrovando mai pace né requie, e non sapendo pur mai quello che io mi desiderassi. Obbedendo ciecamente alla natura mia, con tutto ciò io non la conosceva né studiava per niente; e soltanto molti anni dopo mi avvidi, che la mia infelicità proveniva soltanto dal bisogno, anzi necessità ch'era in me di avere ad un tempo stesso il cuore occupato da un degno amore, e la mente da un qualche nobile lavoro; e ogniqualvolta l'una delle due cose mi mancò, io rimasi incapace dell'altra, e sazio e infastidito e oltre ogni dire angustiato. Frattanto, per mettere in uso la mia nuova indipendenza totale, appena finito il carnovale volli assolutamente partirmene solo per Roma, atteso che il vecchio, dicendo di aspettar lettere di Fiandra, non fissava nessun tempo per la partenza dei suoi pupilli. Io, impaziente di lasciar Napoli, di rivedere Roma; o, per dir vero, impazientissimo di ritrovarmi solo e signore di me in una strada maestra, lontano trecento e piú miglia dalla mia prigione natia; non volli differire altrimenti, e abbandonai i compagni; ed in ciò feci bene, perché in fatti poi essi stettero tutto l'aprile in Napoli, e non furono per ciò piú in tempo per ritrovarsi all'Ascensione in Venezia, cosa che a me premeva allora moltissimo.  

1 *
* Questo episodio risale al 1767, Alfieri ha 18 anni. Lo spirito irrequieto che lo contraddistungue lo spinge a viaggiare. Qui viene descritto uno dei primi viaggi che il giovane Alfieri fa: accompagnato dal precettore e dal cameriere, si reca a Napoli.

2 *
Descrive l’entrata da nord, Copodichino, l’Università (il Palazzo degli Studi) e la centralissima Via Toledo.

3 chiassuolo
Vicolo. Tipica di uno stile alto è l’anteposizione degli aggettivi al sostantivo.

4 fu di necessità
Fu reso necessario, non ebbi altra scelta.

5 ritrovavasi
L’enclisi pronominale con i tempi dell’indicativo è ancora adottata nell’italiano letterario.

6 assai
Assai.

7 stante che
Dato che, nesso causale.

8 puerilissimo
Infantile. Alfieri ironizza spesso sui propri difetti, ironia.

9 ministro
Alfieri, nobile piemontese, ha spesso con sé, nei suoi viaggi, lettere di presentazione di esponenti dell’aristocrazia piemontese che gli permettono di accedere nelle corti e case più in vista delle città visitate, in Italia e all’estero.

10 carnovale
Carnevale.

11 ritrovava
Persiste l’imperfetto in –a alla 1 pers. sing., imperfetto indicativo.

12 musica burletta
Alfieri assiste all’opera buffa.

13 ancorché
Benché, una congiunzione concessiva.

14 romba
Eco.

15 non poco
Molto, litote. Ad Alfieri piace coltivare un umore cupo e malinconico.

16 soletto
Diminutivo di solo, vedi la locuzione: solo soletto. Si noti una certa predilezione per i diminutivi nell’intero passo. La sequenza di parole soletto alle sonanti spiagge crea un’allitterazione.

17 avea
Avevo, avere.

18 niuno
Nessuno, indefiniti. Alfieri ha molte conoscenze, ma nessuna vera amicizia a Napoli. Periodo con struttura a chiasmo.

19 anzi che no
Oltremodo, eccessivamente.

20 ricercare
Il suo carattere schivo gli impedisce di cercare nuovi amici.

21 ella
Il pronome si riferisce ancora alla natura.

22 mi piacendo
Proclisi del pronome con il gerundio, pronomi personali.

23 catena d'amore
Alfieri riprende qui la classica metafora dell’amore come catena e, più avanti, come rete. Si vedano anche i testi di Petrarca, Poliziano, Stampa, Marino per l'impiego di questo topos.

24 calessetti
Calessini, carrozzelle.

25 di nessuna intendeva
Non capivo l’importanza delle cose che vedevo.

26 *
Di nuovo un chiasmo: dell'andare non mi saziava… mi addolorava lo stare.

27 Ferdinando IV
Ferdinando IV di Borbone, regnava sull’Italia meridionale.

28 Carlo Emanuele
Carlo Emanuele di Savoia, re del Regno di Piemonte e Sardegna, di cui Alfieri, nato ad Asti, era suddito.

29 Onde
Onde/donde.

30 *
Alfieri afferma che tutti i principi sono uguali e che le corti d'Europa non sono che, metaforicamente, anticamere del potere assoluto. Il disprezzo e l’ironia espressi da Alfieri riguardo alle corti è una costante nella sua autobiografia.

31 codesto
Dimostrativi.

32 intavolai il mio secondo raggiro
Misi in atto, organizzai, il mio secondo piccolo imbroglio.

33 permissione
Il permesso.

34 aio
Il precettore che accompagnava Alfieri, ancora troppo giovane per viaggiare da solo, della cui tutela l’autore cerca di liberasi.

35 cagionasse
Procurasse, cagione.

36 dovrei
Avrei dovuto, condizionale presente.

37 tirarmi innanzi
Avanzare, proseguire, innanzi: avverbio di luogo.

38 *
Qualsiasi impiego sembra a Alfieri una servitù, la carriera diplomatica è la meno serva, il tipo di professione che, gli sembra, potrebbe lasciargli più libertà. Considera dunque questa possibilità che però non si avvererà dato il suo scarso impegno negli studi politici.

39 grave di costumi
Alfieri si è sempre comportato in modo pacato e austero.

40 ed
Polisindeto.

41 sapendolo
Ha sbagliato sapendo di sbagliare, era consapevole dei propri errori.

42 *
Non credevo di possedere alcuna capacità, non credevo di saper fare niente di buono.

43 mi desiderassi
Pronomi riflessivi.

44 atteso che
Dato che, nesso causale.

45 vecchio
Il vecchio aio.

46 pupilli
Gli allievi affidati al precettore, gli altri compagni di Alfieri in questo suo viaggio.

47 differire
Rimandare il viaggio.

48 altrimenti
Ulteriormente.

49 in Napoli
lo stato in luogo, con nome di città, è introdotto dalla preposizione “in”. Oggi questo uso è ristretto al linguaggio burocratico.