Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno XXVI
1 |
[* nel quale si tratta de l'ottava bolgia contro a quelli che mettono aguati e danno frodolenti consigli; e in prima sgrida contro a' fiorentini e tacitamente predice del futuro e in persona d'Ulisse e Diomedes pone loro pene.] |
3 |
* Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande che per mare e per terra batti l'ali, |
6 |
Tra li ladron trovai cinque cotali |
9 |
Ma se presso al mattin del ver si sogna, * tu sentirai, di qua da picciol tempo, di quel che Prato, non ch'altri, t'agogna. |
12 |
E se già fosse, non saria per tempo. |
15 |
* Noi ci partimmo, e su per le scalee che n'avea fatto iborni a scender pria, rimontò 'l duca mio e trasse mee; |
18 |
e proseguendo la solinga via, tra le schegge e tra 'rocchi de lo scoglio |
21 |
Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio quando drizzo la mente a ciò ch'io vidi, |
24 |
perché non corra che virtù nol guidi; |
27 |
* Quante 'l villan ch'al poggio si riposa, nel tempo che colui che 'l mondo schiara la faccia sua a noi tien meno ascosa, |
30 |
come la mosca cede a la zanzara, vede lucciole giù per la vallea, forse colà dov'e' vendemmia e ara: |
33 |
di tante fiamme tutta risplendea l'ottava bolgia, sì com'io m'accorsi |
36 |
* E qual colui che si vengiò con li orsi vide 'l carro d'Elia al dipartire, quando i cavalli al cielo erti levorsi, |
39 |
che nol potea sì con li occhi seguire, ch'el vedesse altro che la fiamma sola, sì come nuvoletta, in sù salire: |
42 |
tal si move ciascuna per la gola del fosso, ché nessuna mostra 'l furto, e ogne fiamma un peccatore invola. |
45 |
Io stava sovra 'l ponte a veder surto, sì che s'io non avessi un ronchion preso, caduto sarei giù sanz'esser urto. |
48 |
E 'l duca, che mi vide tanto atteso, disse: "Dentro dai fuochi son li spirti; |
51 |
"Maestro mio", rispuos'io, "per udirti son io più certo; ma già m'era avviso che così fosse, e già voleva dirti: |
54 |
chi è 'n quel foco che vien sì diviso di sopra, che par surger de la pira |
57 |
Rispuose a me: "Là dentro si martira * Ulisse e Dïomede, e così insieme a la vendetta vanno come a l'ira; |
60 |
* e dentro da la lor fiamma si geme l'agguato del caval che fé la porta onde uscì de' Romani il gentil seme. |
63 |
Piangevisi entro l'arte per che, morta, Deïdamìa ancor si duol d'Achille, e del Palladio pena vi si porta". |
66 |
"S'ei posson dentro da quelle faville |
69 |
che non mi facci de l'attender niego fin che la fiamma cornuta qua vegna; vedi che del disio ver' lei mi piego!". |
72 |
Ed elli a me: "La tua preghiera è degna di molta loda, e io però l'accetto; ma fa che la tua lingua si sostegna. |
75 |
Lascia parlare a me, ch' i' ho concetto ciò che tu vuoi; ch'ei sarebbero schivi, |
78 |
Poi che la fiamma fu venuta quivi dove parve al mio duca tempo e loco, in questa forma lui parlare audivi: |
81 |
* "O voi che siete due dentro ad un foco, s'io meritai di voi mentre ch'io vissi, s'io meritai di voi assai o poco |
84 |
quando nel mondo li alti versi scrissi, non vi movete; ma l'un di voi dica |
87 |
Lo maggior corno de la fiamma antica cominciò a crollarsi mormorando, |
90 |
indi la cima qua e là menando, come fosse la lingua che parlasse, gittò voce di fuori e disse: "Quando |
93 |
mi diparti' da Circe, che sottrasse me più d'un anno là presso a Gaeta, prima che sì Enëa la nomasse, |
96 |
né dolcezza di figlio, né la pieta del vecchio padre, né 'l debito amore lo qual dovea Penelopè far lieta, |
99 |
vincer potero dentro a me l'ardore ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto e de li vizi umani e del valore; |
102 |
ma misi me per l'alto mare aperto sol con un legno e con quella compagna picciola da la qual non fui diserto. |
105 |
L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna, fin nel Morrocco, e l'isola d'i Sardi, e l'altre che quel mare intorno bagna. |
108 |
Io e' compagni eravam vecchi e tardi quando venimmo a quella foce stretta dov' Ercule segnò li suoi riguardi |
111 |
acciò che l'uom più oltre non si metta; da la man destra mi lasciai Sibilia, da l'altra già m'avea lasciata Setta. |
114 |
"O frati," dissi, "che per cento milia perigli siete giunti a l'occidente, a questa tanto picciola vigilia |
117 |
d'i nostri sensi ch'è del rimanente |
120 |
Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza". |
123 |
Li miei compagni fec'io sì aguti, con questa orazion picciola, al cammino, |
126 |
e volta nostra poppa nel mattino, de' remi facemmo ali al folle volo, sempre acquistando dal lato mancino. |
129 |
Tutte le stelle già de l'altro polo vedea la notte, e 'l nostro tanto basso, che non surgëa fuor del marin suolo. |
132 |
Cinque volte racceso e tante casso lo lume era di sotto da la luna, poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo, |
135 |
quando n'apparve una montagna, bruna per la distanza, e parvemi alta tanto quanto veduta non avëa alcuna. |
138 |
Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto; ché de la nova terra un turbo nacque e percosse del legno il primo canto. |
141 |
Tre volte il fé girar con tutte l'acque; |
|
infin che 'l mar fu sovra noi richiuso". |
1 *
Questi riassunti che precedono i canti e che ne anticipano il contenuto sono presenti fin dai primi manoscritti trecenteschi della Commedia.
2 *
Dante apre il canto con un’invettiva contro la sua città. Usando l’arma dell’ironia, dice che la fama di Firenze è arrivata fino all’inferno, in quanto patria di ladri.
6 lo
In generale per le forme dell'articolo determinativo vedi articolo.
8 tuo
Per il possessivo senza articolo vedi possessivi.
9 ladron
I ladri incontrati nel canto precedente.
10 cotali
Tali, simili, indefiniti. Qualcuno interpreta il dimostrativo come: cittadini di famiglie così prestigiose, altri lo vedono semplicemente come costrutto consecutivo: tali ...che.
11 onde
Nesso probabilmente consecutivo: sono tali ladri che me ne vergogno. Onde/donde.
12 ven
Viene. Vien vergogna: allitterazione.
13 orranza
Onore; gallicismi/provenzalismi.
14 sali
Non acquisti grande onore a causa della fama di questi cinque ladri fiorentini. Litote.
15 presso
Qui con valore temporale: quando sta per far giorno.
17 sogna
Secondo una credenza degli antichi all’alba si sogna il vero.
18 *
Sperimenterai quello (di quel) che Prato e anche altre città (non ch’altri) ti augurano: cioè la rovina.
19 di qua da picciol tempo
Tra poco: locuzione avverbiale temporale.
20 t'agogna
Ti augura. Il senso e la costruzione del verbo agognare differiscono da quella attuale (=desiderare fortemente, ambire a); Dante lo usa qui ironicamente nel senso di augurare e con un pronome personale dativo.
21 fosse
Soggetto implicito è la rovina incombente su Firenze dei versi precedenti.
22 saria
Non sarebbe mai presto abbastanza; condizionale presente.
23 *
Che accada subito / magari fosse già avvenuto! dato che [la rovina] deve avvenire comunque, poiché quanto più invecchio tanto più mi peserà (soggetto è sempre la rovina di Firenze).
24 ei
Ei =esso è un soggetto impersonale; pronomi personali Da notare il susseguirsi nei due versi di forme del verbo essere (fosse, saria, fosse, esser): poliptoto.
25 che
Dato che, nesso causale.
28 m'attempo
Attemparsi: verbo parasintetico di cui sopravvive oggi la forma participiale, attempato, ma non più la forma media con il pronome riflessivo, parasintetici.
29 *
Due possibili interpretazioni di questi due versi: a) scendemmo per quelle stesse scale la cui discesa ci aveva prima resi eburnei, cioè pallidi come l’avorio (per lo sforzo o il pericolo). b) che n’avevan fatto i borni, cioè che i borni (gallicismo e toscanismo per gli spuntoni di roccia sporgenti dalla parete) ci avevano fatto da scala prima, quindi il che relativo è complemento oggetto e i borni soggetto.
30 partimmo
Partire, con il pronome riflessivo (=separarsi da, allontanarsi da) frequente nel volgare: pronomi riflessivi.
31 avea
Ci avevano, imperfetto indicativo.
33 'l duca mio
Appellativo usato da Dante quando si riferisce a Virgilio, che lo guida nell’inferno e nel purgatorio.
34 mee
Me, epitesi tipica del toscano.
35 solinga
Solitaria, poeticismo usato fino all’inizio del ’900, allotropi.
36 scoglio
Descrive il ripido cammino, lungo la parete rocciosa. Allitterazione per il susseguirsi di velari (schegge, rocchi, scoglio).
37 piè
Piede, apocope sillabica. Uso del singolare per il plurale, plurale singolare.
38 spedia
I piedi non riuscivano ad avanzare senza l’aiuto delle mani.
39 mi dolsi
Mi addolorai.
40 mi ridoglio
Mi riaddoloro. Iterazione di un verbo ripreso con un prefisso intensivo o d’iterazione (v. anche forme colloquiali quali “gira e rigira”), un altro esempio è più avanti ai vv. 65-66: priego e ripriego.
41 drizzo
Indirizzo, rivolgo.
43 soglio
Freno la mia mente più di quanto io non faccia di solito. Soglio è 1a p. da solere. Il tema delle qualità razionali (lo ‘ngegno) che finiscono per errare se non sono guidate dalla virtù è importante nella storia intellettuale di Dante e anticipa l’essenza dell’Ulisse dantesco.
44 perché
Introduce una proposizione finale.
46 guidi
Affinché [lo ‘ngegno] non corra senza che la virtù lo guidi.
47 bona
La buona stella è la fortuna.
48 cosa
La grazia di Dio.
49 ben
Il bene è l’ingegno.
50 m'invidi
Che io stesso non me ne privi (> lat. invideo = tolgo).
51 *
Inizia qui la descrizione della bolgia con una delle tipiche, ampie similitudini della Commedia in cui Dante paragona quello che vede e sente nel suo viaggio nell'oltretomba a esperienze visive, auditive, sensoriali condivisibili dai suoi lettori. La prima similitudine è di ordine visivo: le fiammelle della bolgia sono paragonate alle lucciole nella valle quando si fa sera. Il primo termine di paragone è espresso nei vv.25-30, il secondo nei vv.31-32. Quante si riferisce a lucciole (v.29). La costruzione comparativa è dunque: quante lucciole vede il villano giù per la valle ... di tante fiammelle risplendeva l'ottava bolgia. Similitudine.
52 'l villan
Il contadino (soggetto della frase) si riposa sul poggio, in cima al colle, dopo il lavoro nei campi.
53 schiara
Colui che rischiara il mondo è il sole; una delle tipiche perifrasi della Commedia con costrutto relativo, qui doppio: nel tempo che ..., colui che ... .
54 ascosa
Nascosta, il participio ascoso prevale nella tradizione poetica rispetto a nascosto fino al ‘700. Il tempo in cui il sole tiene meno nascosta, a noi sulla terra, la sua faccia è l’estate. Litote.
55 come
Quando, appena; congiunzioni.
56 cede
Un’altra perifrasi temporale: quando la mosca lascia il posto alla zanzara, cioè la sera. Cede a formano una sinalefe; cede e vede del verso seguente formano una rima interna.
57 a la
Alla, forma analitica di preposizioni articolate.
58 dov'e'
Ei, egli, il soggetto è sempre il villano. Pronomi personali.
61 parea
Appariva.
62 *
* Parafrasi: come colui che si vendicò con gli orsi vide partire il carro di Elia, quando i cavalli si impennarono verso il cielo, così velocemente che non lo poteva seguire con gli occhi e che non vedeva altro che la fiamma salire in su come una nuvoletta. Seconda ampia similitudine di questo canto, questa volta con riferimento bibli-co: la qualità della fiamma che avvolge le anime viene paragonata alla fiamma che avvolse il profeta Elia por-tandolo in cielo. Il primo termine di paragone, E qual ..., va dal v. 34 al v. 39, il secondo tal... dal v. 40 al v. 42. Dante allude qui ad un altro passo della Bibbia relativo ad Eliseo, che evoca indirettamente tramite un’ennesima perifrasi relativa: colui che... Eliseo, per vendicarsi con dei ragazzi che lo avevano deriso, li maledice e gli aizza contro degli orsi. Abbiamo qui una citazione (episodio di Eliseo) nella citazione (episodio di Elia).
63 vengiò
Vendicò. Eliseo, compagno di Elia; perifrasi.
64 levorsi
Si levarono enclisi pronominale e da levòrosi o sincope da levòronsi, passato remoto.
65 che
Congiunzione consecutiva.
66 ciascuna
Sottinteso: fiamma.
67 gola
Per il fondo del fosso; enjambement.
68 furto
Nessuna fiamma mostra le anime che sottrae alla vista e tiene prigioniere; metafora.
69 invola
Ruba.
70 stava
Stavo, imperfetto indicativo 1a p. in –a.
72 surto
In piedi (sorto, levato): è la posizione eretta del poeta, dopo la scalata carponi (v. 18).
73 ronchion
Uno spuntone di roccia.
74 preso
Participio passato posposto all’oggetto; frequentemente la collocazione del verbo varia rispetto all’ordine sintattico consueto.
75 urto
Urtato. Dante si sporge per vedere lo spettacolo e quasi sarebbe precipitato nel vuoto.
76 atteso
Intento e ansioso di sapere.
78 catun
Ciascuno, indefiniti.
79 inceso
Ciascuno si fascia di quel (fuoco) di cui egli è acceso, cioè ciascuno spirito è avvolto dalla fiamma che lo brucia.
80 Maestro mio
É l’appellativo con cui Dante si rivolge a Virgilio, sua guida nell’aldilà e suo maestro nell’arte. Nel discorso indiretto l’epiteto più usato da Dante in riferimento a Virgilio è invece duca, ‘l duca mio.
81 rispuos'io
Risposi io, forma dittongata e apocopata.
82 udirti
Causale. Per il fatto che lo sento da te.
83 avviso
Sembrato.
84 foco
lo forma monottongata coesiste con il plurale fuochi del v.47.
85 diviso
Dante indica la fiamma biforcuta. Enjambement
86 che
Consecutivo: sí diviso ...che..
87 fratel
Dante allude al rogo su cui bruciarono i due fratelli Eteocle e Polinice, figli di Edipo, che si uccisero sotto le mura di Tebe. Si odiavano talmente che nella leggenda la fiamma del rogo era divisa in cima.
88 miso
Messo; sicilianismi.
89 si martira
Sono puniti; “sì passivante” con verbo al singolare.
90 *
* Vengono introdotti i due eroi greci, puniti insieme dalla vendetta divina, come insieme avevano affrontato tante avventure. Metrica: le vocali susseguentisi in Ulisse e, come pure in Dïomede e e così insieme, formano per sinalefe un’unica sillaba; il dittongo in Dïomede forma invece per dieresi due sillabe.
91 *
* Vengono elencati tre episodi in cui Ulisse e Diomede si macchiarono del peccato di mali consiglieri. Parafrasi: dentro la loro fiamma si geme per l’inganno del cavallo di legno che aprì le porte di Troia (e permise la di-struzione della città) attraverso le quali fuggì il gentil seme dei Romani, colui che diede origine a Roma, cioè Enea. Dentro [la fiamma] si piange l’artificio a causa del quale Deidamia , anche da morta, ancora soffre (per essere stata abbandonata da Achille, indotto da Ulisse e Diomede, con un inganno, a seguirli per partecipare alla guerra di Troia) e vi si porta pena del Palladio (statua che si trovava a Troia e che Ulisse e Diomede trafugarono).
93 onde
Da cui, onde/donde.
94 il gentil seme
Il gentil seme dei romani è Enea: metafora. Anticipazione del genitivo: anastrofe.
95 Piangevisi
Vi si piange, enclisi pronominale.
96 l'arte
Artificio, inganno.
97 che
Per cui, a causa della quale, pronomi relativi.
98 vi
Dentro la fiamma. I verbi che introducono i tre episodi ripresi dalla mitologia come esempi del peccato commesso da Ulisse e Diomede sono: si geme, piangevisi e pena vi si porta, dove il si è passivante ed il vi locativo.
99 S'ei
Essi pronomi personali.
100 ten
Te ne.
101 priego
Prego, omografo del priego del v. seguente che è però sostantivo. Per l’iterazione del verbo col prefisso ri- vedi il precedente v. 19 allor mi dolsi e ora mi ridoglio.
102 priego
La preghiera.
103 vaglia
Valga mille preghiere, cioè moltissimo.
104 facci
Che tu non mi faccia niego, che tu non mi neghi la possibilità di sostare qui in attesa della fiamma. Frase finale in dipendenza del priego del v. precedente.
106 disio
Desiderio, desio. Per il forte desiderio di conoscere la loro storia Dante si piega verso la fiamma, riproducendone il movimento.
108 si sostegna
Si trattenga, cioè: non parlare. gn/ng.
109 ch'
Anche questo che, come quello del verso precedente, dipende da Lascia parlare a me ed ha senso causale di poiché.
110 concetto
Ho capito. Qui concetto non è sostantivo, ma è usato nel suo valore originario di participio passato.
111 e'
Essi, pronomi personali.
113 detto
Perché essi sarebbero schivi forse del tuo detto. In quanto greci, quindi arroganti e superbi, forse non si degnerebbero di rispondere a Dante. Schivi ... del tuo detto è iperbato.
115 loco
Tempo e luogo (lat. < locum) opportuni per rivolgere la parola alla fiamma.
116 audivi
Io udii lui parlare: forte impronta latina nella forma del verbo, dittongo au, e nell’uso dell’accusativo con infinito.
117 *
È Virgilio qui che parla. Ulisse è condannato a bruciare eternamente in una lingua di fuoco. Il peccato di Ulisse – consigliere di frode – è espresso dal concetto latino di calliditas (astuzia) collegato nella lessicografia medievale, per pseudoetimologia, a caliditas (calore). Per la legge del contrappasso Ulisse brucia insieme a Diomede, suo compagno in tante avventure, in una stessa fiamma, la fiamma dei loro inganni. Virgilio si rivolge alla fiamma biforcuta interpellando entrambi. Virgilio prende la parola al posto di Dante perché teme che i due eroi greci, sentendo qualcuno che non parla il greco, potrebbero sdegnarsi e rifiutare di rispondere. Virgilio prega Ulisse di raccontare come ha perduto la vita. Il racconto di Ulisse occupa la parte finale del canto (vv. 167-142). Dante attinge a fonti classiche e medievali.
118 voi
Il verbo principale connesso è non vi movete al v. 83. Apostrofe.
119 foco
Prevale in poesia la forma monottonga foco invece di quella dittongata fuoco.
120 vissi
Virgilio inizia con una captatio benevolentiae pregando Ulisse e Diomede di fermarsi a rispondere alle loro domande in nome dei meriti da lui acquisiti in quanto poeta epico.
121 s'io meritai di voi
Anafora.
122 mondo
Quando ero ancora al mondo.
124 gissi
Si gì = si andò, enclisi pronominale, gire/ire. posposizione del verbo coniugato alla forma implicita (infinito o participio o gerundio) e sua collocazione alla fine della frase, su modello della sintassi latina (v. anche vv.97, 119, 132, 135).
125 corno
La punta maggiore della fiamma biforcuta è Ulisse, maggiore perché più importante e perché più grave è il suo peccato. Nei vv.85-90 si descrive come Ulisse si accinge, dolorosamente a prender la parola.
126 crollarsi
Scuotersi, agitarsi. Allitterazione nei vv. 85-87.
127 pur
Proprio.
128 quella
Il dimostrativo rimanda a fiamma.
129 affatica
La fiamma che contiene Ulisse si agita come una fiamma che viene agitata dal vento. Cui.
130 indi
Poi, quindi, avverbi di tempo.
132 menando
Muovendo.
133 lingua
La fiamma è paragonata ad una lingua, si pensi anche alla corrente; metonimia, “lingua di fuoco”.
134 gittò
Gettò, buttò fuori la voce, parlò. Perifrasi. Gettare si alterna a gittare, sentito come più poetico, alternanza vocalica in protonia
135 diparti'
Dipartii, mi allontanai; apocope.
136 sottrasse
Enjambement.
137 nomasse
Prima che Enea la nominasse così, desse il nome di Gaeta a questo luogo.
138 figlio
Telemaco.
139 padre
Laerte, padre di Ulisse. La preposizione di ha un valore finale, equivale a per.
140 debito
Amore dovuto nei confronti della moglie Penelope.
141 Penelopè
Spostamento dell'accento, diastole.
142 potero
Poterono è il verbo della principale, i soggetti sono dolcezza ..., pietà..., debito amor..., passato remoto.
143 l'ardore
L’ardente desiderio, è oggetto.
144 del mondo esperto
Esperto del mondo: anastrofe.
145 valore
Genitivi in dipendenza di esperto. Ulisse manifesta qui una delle caratteristiche principali legate al suo perso-naggio: la curiosità, la sete di conoscenza.
147 legno
Nave: sineddocche.
148 compagna
Piccola compagnia, coloro che lo seguirono nell’ultima avventura. Enjambement.
149 diserto
Abbandonato, (lat. <desĕrtum). Diserto/deserto: alternanza vocalica in protonia.
150 lito
Lido, riva, (lat.). Lito/lido: alternanza sorde/sonore.
151 Spagna
Ulisse elenca qui di seguito i paesi costeggiati.
152 Morrocco
Marocco.
153 Sardi
Perifrasi per Sardegna.
154 tardi
Lenti (lat.).
155 riguardi
Confini, limiti. Perifrasi per le colonne d’Ercole - l’odierno stretto di Gibilterra - considerate nel mondo antico il limite invalicabile posto dalle divinità agli uomini.
156 acciò che
Affinché, congiunzioni.
157 metta
Non vada. Si noti che Dante riprende, in posizione diametralmente opposta, il verbo del v. 100 (mettersi per mare), come a rendere più esplicita l’infrazione del divieto compiuta da Ulisse.
158 da la man destra
A destra.
159 Sibilia
Siviglia.
160 Setta
Ceuta, sulla costa africana.
161 "
* Inizia qui la famosa allocuzione di Ulisse con la quale riesce a persuadere i compagni a seguirlo nella folle avventura di superare le colonne d’Ercole. Facendo appello all’umanità, alle qualità intellettive (conoscenza) e morali (virtù) dei suoi compagni, li convince a infrangere il divieto e li porta alla perdizione. Nella sua breve ed efficace orazione Ulisse dà l’ennesima prova del suo peccato; la sua condanna in quanto cattivo consigliere trova qui evidente giustificazione.
162 frati
Fratelli, compagni.
163 milia
Mila, numerali. Mila perigli: enjambement.
164 perigli
Pericoli, gallicismi/provenzalismi e allotropi.
165 occidente
Anfibologia, l’occidente è inteso qui letteralmente in senso geografico, ma anche, metaforicamente, come tramonto della vita.
166 rimanente
All’ultima fase della vita che ancora ci rimane da vivere.
168 esperïenza
Dieresi.
169 di retro al sol
Dietro al sole, cioè proseguendo il viaggio verso occidente, oltre le colonne d’Ercole.
170 mondo sanza gente
Non privatevi, in quel poco che vi rimane da vivere, dell’esperienza del mondo disabitato. Oltre le colonne d’Ercole non si sospettavano terre abitate.
171 semenza
Il vostro seme, la vostra origine umana. (v. 60 de’ Romani il gentil seme = Enea), metafora.
172 canoscenza
Virtù e conoscenza. Gli allotropi virtude/virtute coesistono a lungo nella lingua letteraria.
174 aguti
Resi i miei compagni così desiderosi di proseguire il cammino. Aguti/acuti: alternanza sorde/sonore.
175 che
Introduce una frase consecutiva.
177 ritenuti
Avrei potuto trattenerli.
178 volta
Girata.
179 mattino
Girata la poppa della nave verso est; fanno quindi rotta verso ovest. Metonimia.
180 ali
Trasformammo i remi in ali. Doppia metafora (remi = ali, viaggio per mare = volo).
181 volo
ali al folle volo: allitterazione
182 acquistando dal lato mancino
Avanzando a sinistra.
183 notte
La notte è soggetto, quindi, la notte vedeva le stelle, oppure la notte è complemento di tempo ed il soggetto sottinteso è io: di notte vedevo le stelle. Hanno superato l’equatore e si trovano nell’emisfero australe, quindi la volta stellata, punto di riferimento per i marinai, presenta stelle sconosciute.
184 suolo
Il nostro emisfero era tanto basso che non sorgeva all’orizzonte.
185 tante
Altrettante volte.
186 casso
Spento.
187 luna
Il lume di sotto della luna, cioè la parte di sotto, visibile dalla terra, si era illuminato e poi spento per cinque volte, erano cioè passati cinque mesi.
188 poi che
Da quando.
190 l'alto passo
Avevamo iniziato la difficile impresa. Metafora.
191 n
Ci, a noi pronomi personali.
192 per
A causa di.
193 parvemi
Mi parve, enclisi pronominale.
194 alcuna
Non avevo mai visto una montagna alta quanto questa. È la montagna del Paradiso terrestre.
196 tornò
L’allegria si trasformò in pianto. Antitesi.
197 nacque
Si levò un forte vento.
198 canto
Colpì un lato della nave. Anastrofe.
199 il
lo, il complemento oggetto si riferisce a legno.
200 levar
Come girar, del verso precedente, e ire, del verso successivo, dipende da fè. Ulisse descrive come il turbine fece affondare la sua nave, dopo averla fatta girare su se stessa per tre volte.
201 suso
Su, verso l’alto, avverbi di luogo.
203 piacque
Come piacque ad altri, cioè secondo la volontà di Dio.
204 infin che
Fino a che.